Publio Terenzio Afro

publio terenzio afro
Condividi il post

PUBLIO TERENZIO AFRO

publio terenzio afro

VITA

Non abbiamo notizie certe su Publio Terenzio Afro. La maggior parte delle informazioni sul suo conto sono contenute nella VITA PUBLI TERENTI AFRI di Svetonio, tramandataci dal commentatore terenziano Elio Donato (IV sec. a.C.).
Si dice che nacque a Cartagine, ma il suo cognome, “Afer” (=libico), sembra indicare altre origini. La nascita si colloca tra il 190 e il 185 a.C. . Giunse a Roma come schiavo del senatore Terenzio Lucano, che infine lo liberò per i suoi meriti letterari. Nell’Urbe frequentò la nobiltà romana, tra cui Scipione l’Emiliano e Gaio Lelio. Le malelingue insinuavano che egli fosse soltanto un prestanome per i due grandi. Egli “sprovincializzò” la cultura romana.
Nel 160 a.C. Terenzio partì per un viaggio in Grecia da cui non fece più ritorno. Morì infatti nel 159 a.C. per un naufragio o un malessere dovuto all’aver perso delle nuove commedie.

OPERA

LE COMMEDIE

Furono portate al successo dal capocomico Ambivio Turpione.
Publio Terenzio Afro compose 6 PALLIATE dal 166 al 160 a.C., anni della sua attività. La loro cronologia è certa, grazie alle DIDASCALIE e ai PROLOGHI.
Col termine “didascalìa”, i Greci indicavano sia l’istruzione del coro e degli attori nella rappresentazione, sia una locandina affida in teatro col nome dei poeti in concorso, i titoli delle loro opere, il nome degli attori ecc…

TRAMA E CRONOLOGIA DELLE PALLIATE:
LEGGI LA TRAMA DELLE COMMEDIE DI TERENZIO

LA COMMEDIA DUPLEX: La trama delle commedie (esclusa l’HECYRA e parte dell’ EUNUCUS) si svolge con un amore apparentemente impossibile tra un giovane e una fanciulla (una meretrice o una cittadina senza dote). A questo si associa un filone secondario, ad esempio la storia d’amore di altri due giovani (con una vera meretrice stavolta), la quale non sempre ha un lieto fine, ma produce un RADDOPPIAMENTO della comicità.

FAMIGLIARITA’ED ESOTICO: Terenzio riduce l’estraneità dell’ambientazione, per dare a questa un significato universale, umano, in cui il pubblico si riconoscesse. Rinuncia alle spaesanti introduzioni di scorci di vita romana, tanto cari a Plauto e Nevio.

FABULA STATARIA: Come si afferma nel prologo dell’HEAUTONTIMORUMENOS, le commedie sono più “STATARIAE” che “MOTORIAE”, al posto dell’intreccio e della vitalità farseca, si privilegiano il DIALOGO e l’APPROFONDIMENTO PSICOLOGICO dei personaggi, ormai non più “tipi” plautini.
 

Terenzio e il Menandro latino.

Afranio considera Terenzio il primo tra i commediografi, per stile e originalità, e il più vicino alle togatae che egli scriveva.
Cicerone ne sottolinea la pacatezza dei sentimenti (SEDATIS MOTIBUS) e la dolcezza della lingua: l’unico legittimo traduttore di Menandro.
Giulio Cesare lo dichiara primo per la purezza della lingua, anche se lo chiama “dimidiatus Menander“.

RITORNO ALLA COMMEDIA NUOVA:
Al contrario di Plauto, Terenzio non dà importanza alla beffa e alla figura del servo furbo che fa da capocomico (teatro nel teatro). Egli dà invece importanza alla CHIMICA DEI SENTIMENTI tra i vari personaggi che si dispongono per schemi paralleli e che hanno diversi caratteri. Frutto di tale chimica tra le psicologie dei personaggi è una RIFLESSIONE ETICAMENTE COSTRUTTIVA che invita alla moderazione e alla comprensione di noi stessi e degli altri.
C’è anche un ritorno formale alla Commedia Nuova, con una pesante riduzione delle parti musicali, limitate a un coro tra un atto e l’altro. Ci sono pochissime parti liriche, soprattutto nei primi versi dei monologhi sentimentalmente mossi. Dominano le parti recitate (in SENARI GIAMBICI) e le recitative (in SETTENARI TROCAICI e in SETTENARI e OTTONARI GIAMBICI).

Altra differenza con Plauto è l’incalzante ritmo degli avvicendamenti scenici: un personaggio non rimane in scena per più di 150 versi consecutivi (con Plauto erano 500).
Diversamente dai commediografi attici, Terenzio aumenta il numero dei personaggi da 10 a 14. Egli usa in maniera magistrale la tecnica della CONTAMINATIO, attingendo a varie commedie greche ma fondendole in modo perfetto e originale.

Cambia anche la funzione informativa dei PROLOGHI : Terenzio li usa per difendersi dalle accuse degli invidiosi, che lo accusano di furto da altre commedie, affermando che “non c’è nulla di nuovo sotto il sole”, ma tutto è stato già detto e ideato. Inoltre egli non svela la trama prima del tempo, per lasciar spazio al FATTORE SORPRESA.
E’ invece abolito l’elemento farsesco, in favore di una più equilibrata comicità.
Si dà importanza ai CONFLITTI INTERIORI e ciò è ricalcato anche nello stile.

STILE E HUMANITAS: 
La lingua è quella realistica della classe colta, un SERMO HURBANUS. E’ piana, scorrevole e immune dai facili e volgari eccessi, tanto cari all’innovatore Plauto. Il proverbio di gusto paesano, la “gnome” usata anche da Menandro, è poco usata da Terenzi che, quando vi ricorre, lo fa con grande efficacia, come nel caso di “homo sum; humani nil a me alienum puto” = sono un uomo, niente di umano lo considero a me estraneo.
Qui si sintetizza il concetto di HUMANITAS, di solidarietà e comunicazione tra gli uomini. Terenzio affronta varie problematiche antropologiche (marito/moglie; suocera/nuora; padre/figlio ecc…), proponendo modelli eticamente validi di comportamento e di educazione: un ANTROPOLOGIA DEI SENTIMENTI.
Terenzio fa valere l’humanitas nel suo valore positivo (ciò che rende dignitoso l’uomo), non negativo: l’uomo è inferiore a Dio e merita compassione perché è fragile e imperfetto. Ci sono però RELATIVISMO e CRITICISMO.


LEGGI LA TRAMA DELLE COMMEDIE DI TERENZIO

Scopri gli Audio Corsi

Scopri il catalogo degli audio corsi disponibili.

Altri articoli

Richiedi la tua opera latina letta in metrica

Se l’opera che cerchi non è presente sul portale Omnes Litterae, richiedila tramite il modulo di contatto. A causa della gran mole di richieste, la Redazione non assicura il tempestivo esaudimento della richiesta.

[]