IL MORGANTE
L’opera più importante di Luigi Pulci è il MORGANTE MAGGIORE, un poema in ottave di argomento cavalleresco.
Una prima edizione in 23 canti esce nel 1482, una seconda in 28 canti nel 1483 (l’aggettivo “maggiore” differenzia l’edizione definitiva forse da altre che non ci sono pervenute).
Fu iniziato nel 1462 o dopo dopo, senza che il Pulci avesse una concezione organica dell’opera. Dapprima egli voleva soltanto dare forma più elegante a un rozzo cantare popolaresco dell’epoca, l’ORLANDO, di cui seguiva l’ordine e la trama, ma poi il disegno si ampliò e modificò.
L’atteggiamento di Pulci non è infatti quello di un ingenuo popolano, ma quello di un uomo colto e smaliziato, che rappresenta l’ambiente borghese e mercantile di Firenze, ormai molto lontano dagli antichi ideali cavallereschi. Già i cantari popolari avevano abbandonato il carattere epico della materia, riducendola a forme ingenuamente fiabesche e, a volte, grossolanamente comiche. Il Pulci rielavora queste fantasia con fantasia e ironiea, numerose originali invenzioni (le avventure si susseguono soprattutto nei primi 23 canti), uno stuio psicologico approfondito dei personaggi.
Negli ultimi canti egli inserisce sempre di più i suoi pensieri, le sue meditazioni e le sue fantasie strane e bizzarre.
TRAMA GENERALE:
Orlando abbandona sdegnato Parigi, non riuscendo più a sopportare le continue calunnie di GANO DI MAGANZA, implacabile traditore che riesce a persuadere il vecchio e un po’ svampito Carlo Magno.
Orlando si reca in Asia tra gli infedeli, in Pagania. Capita a un convento assediato da tre giganti: ne uccide due e converte il terzo, Margutte, alla fede cristiana. Egli diventa quindi suo scudiero.
In Pagania, Orlando è raggiunto dal cugino Rinaldo, anch’egli sdegnato contro Carlo Magno, e da altri cavalieri cristiani con i quali vive molte e mirabili avventure.
I paladini ritornano poi in Francia per difenderla dall’attacco dei Musulmani. Qui Gano di Maganza organzza un tradimento ai danni di Orlando, che viene quindi ucciso a Roncisvalle, mentre eroicamente Carlo Magno ne vendica la morte, uccidendo Gano.
COMMENTO:
I numerosi episodi e personaggi secondari svelano una grande forza novellistica e comica. Tutto è riportato a un immediato realismo quotidiano e domina una bassa vitalità istintiva. Ognuno persegue il piacere immediato dei sensi, attraverso l’inganno e la violenza.
E’ il mondo dei bassi intrighi di corte, rappresentati da Gano, di Morgante, di Margutte, un’originale invenzione di Pulci, un mezzo gigante amorale e furfantesco, che ribalta la fede religiosa coi più bassi e materiali piaceri del cibo e del vino.
Qualcosa di questa vita bassa e istintiva si trova in tutti i paladini (lo stesso Rinaldo non esita a divenire brigante di strada a Parigi e cacciare Carlo Magno dal trono, per poi ridarglielo quando la rabbia gli è passata).
A questo mondo non va la simpatia morale del Pulci, né egli intende mettere polemicamente in caricatura la cavalleria. Egli narra con una simpatia d’artista.
La sua bravura non sta tanto nel descrivere la vita dell’anima, piuttosto disegna bozzetti comici rapidi e incisivi, arricchiti di dialoghi realistici e sapidi. Il linguaggio è un fiorentino popolare e plebeo che cerca di conservare l’ESPRESSIVITA’ DEL PARLATO.
A questo carattere gioioso si affianca anche, però, un carattere più serio e a volte patetico, evidente soprattutto negli ultimi cinque canti.
Nell’episodio della rotta di Roncisvalle troviamo, a tratti, una solennità quasi epica ed eroica. Inoltre nella seconda parte del poema, a Margutte subentra ASTAROTTE, un simpatico diavolo che esprime una varia e disordinata ma a volte acuta meditazione sui problemi di fede religiosa.
Questa molteplicità di toni rappresenta il modo in cui Pulci vedeva la vita, “uno zibaldone mescolato di dolce e amaro e di mille sapori vari“.