Eneide libro IV traduzione letterale 393-450

Eneide libro IV traduzione letterale
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Eneide libro IV traduzione letterale 393-450

Traduzione letterale 393-450 del IV libro dell’Eneide. Mentre la flotta troiana si appresta gioiosa a lasciare Cartagine, Didone guarda questa incessante attività piena di mestizia. Tradita dall’amato Enea, beffata dal volere crudele dei fati, ella è ormai priva del suo buon nome, e la morte le sembra l’unica via possibile.
Traduzione letterale e fedele al testo.

Eneide libro IV traduzione letterale:

La spiaggia ribolle dei preparativi dei troiani alla partenza: 

Ma il pio Enea, sebbene desideri calmare lei dolente
consolandola e allontanare gli affanni con le parole,
v. 395 molto gemendo e turbato nell’animo dal grande amore,

tuttavia esegue gli ordini degli Dei e torna a rivedere la flotta.
Allora sì che i Teucri si prodigano e trascinano [in mare] da tutta la spiaggia
le alte navi. Galleggiano le chiglie spalmate
e dai boschi portano remi frondosi e legname
v, 400 non lavorato, per il desiderio di partire.

Li avresti potuti vedere che uscivano e accorrevano da tutta la città,
e come quando le formiche saccheggiano un grande mucchio di grano
memori dell’inverno e lo ripongono nella tana:
va la nera colonna e portano la preda attraverso l’erba
v. 405 per uno stretto sentiero, in parte portano

a forza di spalle grandi chicchi di frumento, in parte radunano le schiere
e puniscono quelle che indugiano, tutto il sentiero ferve di lavoro.
Quali sentimenti [avevi], o Didone, mentre vedevi tali cose
e quali gemiti emettevi, quando vedevi tutta la spiaggia, per largo tratto, brulicare
v. 410 dall’alto della rocca e vedevi che tutto il mare

era sconvolto da così grandi grida davanti ai tuoi occhi.
O Amore crudele, a che cosa costringi i cuori degli uomini!
E’ costretta a ricorrere di nuovo alle lacrime, di nuovo a tentarlo con le preghiere
e, supplichevole, a sottomettere l’orgoglio all’amore,
v. 415 per non lasciare nulla di intentato, destinata a morire invano.

Didone cerca ancora una volta conforto nella sorella Anna: 

“Anna, vedi come ci si affretti intorno a tutta la spiaggia,
e come si radunino da ogni dove; le vele già chiamano i venti, [lett. già il càrbaso (= tessuto di lino e cotone) chiama i venti]
i gioiosi i marinai pongono corone [di fiori] sulle poppe.
Io, se ho potuto aspettarmi questo dolore così grande,
v. 420 saprò anche sopportarlo, o sorella. Tuttavia a me misera questo solo [favore]

esegui, Anna; infatti quello spergiuro venerava te sola,
a te rivelava anche i più intimi sentimenti;
tu sola conoscevi i momenti più adatti dell’uomo per avvicinarlo.
Vai, o sorella, e supplice rivolgiti al superbo nemico.
v. 425 Io non ho giurato con i Danai in Aulide di distruggere il popolo troiano

e non ho inviato una flotta a Pergamo
né ho profanato le ceneri e i Mani del padre Anchise:
perché si rifiuta di accogliere le mie parole nelle sue crudeli orecchie?
Dove corre? Dia questo estremo dono alla povera amante:
v. 430 aspetti una partenza agevole e venti propizi (lett. venti che portano).

Non chiedo più il matrimonio di un tempo, che ha tradito,
né che si privi del suo bel Lazio e rinunci al regno;
chiedo solo un po’ di tempo, uno spazio di pace al furore,
finché la mia sorte non insegni a soffrire a me vinta.
v. 435 Chiedo questa estrema grazia (abbi pietà di tua sorella)

che, quando me la avrà concessa, io gli restituirò raddoppiata con la morte/ alla mia morte”.
Con queste parole pregava, e questi pianti la sventurata
sorella porta e riferisce. Ma quello non è smosso da nessun
pianto o ascolta bendisposto nessuna parola:
v. 440 i fati si oppongono e un dio chiude all’uomo le orecchie indifferenti / solitamente benevole.

E come quando i venti alpini fanno a gara con le loro folate ora qui ora lì
per abbattere una quercia salda per l’antico tronco;
si alza uno strepito e le alte
foglie ricoprono il suolo, dopo che il tronco è stato scosso;
v. 445 ma essa rimane ancorata alle rocce e come con la cima tende

all’aria del cielo, altrettanto con le radice [si protende] verso il Tartato;
non altrimenti l’eroe è scosso di qua e di là dalle assidue preghiere
e nel suo cuore generoso sente gli affanni;
ma il proposito rimane irremovibile; le lacrime scorrono a vuoto.

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