Eneide libro IV traduzione letterale vv. 130-172

Eneide libro IV traduzione letterale
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Eneide libro IV traduzione letterale vv. 130-172

Eneide libro IV traduzione letterale vv. 130-172. In questi versi assistiamo all’unione di Didone ed Enea, messa a punto dall’inganno di Giunone e Venere. I due si ritrovano nella stessa grotta durante un temporale e, alla presenza della furia della natura, sono uniti da un sacro vincolo, che richiama una funesta cerimonia nuziale.
Dimentichi dei loro doveri e dei loro popoli, essi si abbandonano completamente alla travolgente passione, ormai privi di freni morali.

Il funesto connubio di Enea e Didone:

v. 130 Appena sorto il sole la gioventù scelta (giovani scelti) esce dalle porte;

[ci sono] reti a maglie larghe, lacci, larghi spiedi di ferro [enallage “spiedi di largo ferro”]
corrono i cavalli Massili e la forza odorosa dei cani (= i cavalli dal fine olfatto).
I principi dei Cartaginesi attendono la regina che indugia sulla soglia della camera nuziale,
insigne di porpora e d’oro
v. 135 un [cavallo] scalpitante attende e morde feroce i freni schiumosi.

Infine avanza, circondata da una grande folla,
avvolta da un mantello di Sidone con l’orlo ricamato; (accusativo di relazione)
ella ha la faretra d’oro, i capelli sono acconciati con un fermaglio d’oro
una fibbia d’oro allaccia la veste purpurea.
v. 140 Anche i compagni frigi e il lieto Iulo

avanzato. Bellissimo davanti a tutti
lo stesso Enea si offre come compagno e riunisce le schiere.
Come quando Apollo abbandona la Licia invernale e le correnti dello Xanto
e torna a rivedere la materna Delo
v. 145 e rinnova le danze e, mescolati intorno agli altari,

i Cretesi, i Driopi e i tatuati Agatirsi fremono,
egli stesso avanza per i gioghi del Cinto e con pieghevole fronda
lega la fluente chioma acconciandola e l’annoda con l’oro,
risuonano le frecce sulle spalle; non meno risoluto procedeva
v. 150 Enea, altrettanta bellezza risplende nel nobile volto.

Dopo che si fu giunti sugli alti monti e presso gli impervi covili,
ecco capre selvatiche cacciate dalla vetta di una rupe
si precipitano giù dalle balze; dall’altra parte
i cervi attraversano a corsa le aperte pianure
v. 155 e nella figa si uniscono in branchi che fanno polvere e lasciano i monti.

Ma il fanciullo Ascanio gode in mezzo alle valli
del focoso destriero e sorpassa al galoppo ora questi ora quelli
e spera (con le preghiere) che gli sia dato in mezzo alle bestie innocue uno schiumoso
cinghiale o che un fulvo leone discenda dal monte.
v. 160 Frattanto il cielo inizia ad essere scosso da un grande rimbombo,

segue un acquazzone misto a grandine;
subito sia compagni Tirii sia la gioventù troiana
e il dardanide nipote di Venere sparpagliandosi per i campi
ricercano ripari per la paura; i fiumi scorrono giù dai monti.
v. 165 Didone e il capo troiano si ritrovano nella stessa spelonca.

Per prima la terra e la pronuba Giunone
danno il segnale: rifulsero le folgori e il cielo fu testimone
alle nozze e dal sommo vertice ulularono le ninfe.
Quel giorno fu il primo di rovina e fu per primo causa di mali,
v. 170 infatti Didone non è mossa più dalla sua buona fama

né aspira più a un amore nascosto;
lo chiama matrimonio, con questo nome nasconde la colpa.

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