Pierre Drieu la Rochelle, Le feu follet a cura di Silvia Ciampi

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Pierre Drieu la Rochelle, Le feu follet:
la crisi dell’individuo nella società borghese del primo dopoguerra

Relazione a cura di Silvia Ciampi

L’intento di questo studio è analizzare il romanzo Le feu follet attraverso temi che hanno caratterizzato quasi tutta la letteratura francese degli anni ’30 del Novecento e mostrare le problematiche legate a una nuova tipologia di soggetto, vittima del contesto storico in cui si trova a vivere.

Il suicidio di Jacques Rigaut, avvenuto nel novembre 1929, fu l’evento che dette l’ispirazione a Pierre Drieu La Rochelle per la stesura di questo romanzo, pubblicato nel 1931. La narrazione si svolge nell’arco di un giorno e una notte e racconta le ultime ore di vita del protagonista, Alain, che morirà suicida.

Alain è un ragazzo di trenta anni, schiavo della droga, che vive in una casa di cura. Il suo atteggiamento e il suo stile di vita si scontrano apertamente con le convenzioni imposte da una società borghese, che caratterizza la Parigi degli anni ’30. Il protagonista del romanzo è un essere totalmente mediocre, un individuo che si rende conto del nulla che caratterizza la sua vita e che prende atto della propria incapacità di agire per cambiare le cose.

I romanzi francesi di questo periodo sono affollati da personalità di questo tipo. Il tema della mediocrità è un filo che lega le opere della maggior parte degli autori degli anni ’30 e Drieu La Rochelle si inserisce perfettamente all’interno di questa linea. La prima guerra mondiale aveva causato una profonda ferita nella collettività, provocando la morte di molti valori; la mediocrità di questi personaggi, come anche quella di Alain, è l’inevitabile frutto di questa situazione.

Alain, per tutto lo scorrere della narrazione, è condannato a sperimentare l’assoluta vuotezza del proprio cammino esistenziale, privo di qualsiasi tipo di eccellenza. Anche nell’aspetto fisico il personaggio incarna la propria inettitudine:

“Ce corps d’Alain, qui tenait une cigarette, c’était un fantôme, encore bien plus creux que celui de Lydia. Il n’avait pas de ventre et pourtant la mauvaise graisse de son visage le faisait paraître soufflé. Il avait des muscles, mais qu’il soulevât un poids aurait paru incroyable. Un beau masque, mais un masque de cire. Les cheveux abondants semblaient postiches.”1

Alain viene dipinto come un uomo inconsistente, privo di qualsiasi spinta vitale. La dimensione mortuaria, che anticipa il suicidio finale, è già evidente: egli è un fantasma con una maschera di cera.

Egli non trova scampo dalla propria mediocrità e anche la droga, unico mezzo che sembrava salvarlo momentaneamente, non dà più gli effetti desiderati. Il rifugio nella droga rappresenta la cristallizzazione di un’inquietudine che gira a vuoto. Alain si trova a vivere in una società a lui inadeguata, dove, per poter sopravvivere, è necessario identificarsi in qualcosa di concreto.

Il protagonista del romanzo si lamenta della propria condizione ma non è in grado di cercare una soluzione. Più avanti, durante la colazione con l’amico Dubourg, affermerà: “J’ai horreur de la médiocrité”2. La mediocrità lo spaventa, ma da questa non riesce a fuggire. Alain, prima di disprezzare la società in cui vive, disprezza se stesso. La droga è soltanto una conseguenza alla percezione del vuoto cosmico che lo pervade, non è la causa di tutti i mali, ma inizialmente appare ad Alain come l’unico modo per annientare tutti i problemi.

Il mancato riconoscimento tra il personaggio e l’ambiente borghese parigino affonda la propria radice nel rifiuto della famiglia. Alain ha rotto i rapporti con i genitori, mettendo in discussione i valori che gli sono stati trasmessi. Il padre è emblema di una morale borghese di fine Ottocento, nella quale il figlio non è più in grado di identificarsi. Rifiutando, dunque, le categorie imposte dalla generazione a lui precedente l’individuo deve crearne di nuove, ma, a causa della propria inettitudine, non ci riesce. È questo uno dei fattori che scaturisce l’inadeguatezza del personaggio all’interno della società.

La perturbazione nella trasmissione del modello generazionale è un tema molto frequente nei romanzi degli anni ’30, i cui protagonisti sono quasi sempre orfani, oppure personaggi che non hanno più alcun rapporto con la famiglia.

Il rifiuto del modello imposto dal padre equivale al rifiuto di vivere in società. Alain nomina per la prima volta i propri genitori quando, osservando gli altri pazienti della casa di cura, vengono associati alla famiglia ritrovata:

“Ce quarteron de toqués traqnuilles, qui étaient en train de boire du café dans le salon en bas, sous les portraits de Constant et de Baudelaire, c’était sa famille, retrouvée: sa mère, macérée dans un regret craintif de l’amour; son père qui se reprochait de n’avoir fait que les économies d’un petit ingénieur; sa soeur divorcée sans emploi; chacun rêvassant devant les deux autres. Des années d’efforts insuffisants, qui ne s’étaient pas multipliés les uns par les autres, le laissaient retomber à zéro.”3

La propria vuotezza, unico risultato di sforzi insufficienti, spinge Alain a guardarsi indietro, tornando al punto di partenza dal quale si è ormai distaccato. Per tutto il corso del romanzo, il padre verrà nominato pochissime volte, senza alcuna traccia di nostalgia o rimpianto.

L’abbandono della famiglia, con le sue conseguenze, viene così descritto:

Ses parents? Il les avait habitués dès longtemps à ne plus croire à son existence. Quand il habitait encore avec eux, il leur avait donné le sentiment d’une absence d’autant plus déroutante qu’elle était plus enveloppée de gentillesse. Ils l’avaient vu se retirer avec une discrétion farouche de toutes les idées et de toutes les façons qui leur semblaient les garanties de l’existence. Il avait refusé de passer son bachot, il avait détourné tranquillement la tête devant tous les métiers, il leur demandait de l’argent sans excès, mais toujours un peu plus qu’ils ne pouvaient lui en donner et avec fermeté, jusqu’au moment où ils avaient dû couper court. Alors, il s’était enfoncé sans retour dans un monde suspect où tout leur semblait étranger, inhumain, méchant. Et quand il revenait parfois vers eux ils n’avaient pas de paroles, ni de sentiments pour cette ombre abominablement distraite du monde des vivants, pour cet étranger qui les regardait avec l’attendrissement lontain et dérisoire d’un mort.”4

Alain ha rinnegato tutte le idee che per i genitori erano garanzia di esistenza, attuando una rivoluzione sociale. Il mancato termine degli studi, il rifiuto di intraprendere un qualsiasi lavoro e la continua richiesta di soldi hanno condotto il personaggio in un mondo evanescente, lontano dalle convenzioni sociali, da dove non è possibile fare ritorno. Agli occhi dei genitori Alain è diventato un étranger.

Nei romanzi del Seicento i rapporti tra padre e figlio erano accettati senza alcun tipo di complicazione. Nei secoli a venire, con la messa in discussione dei valori tradizionali in seguito alla rivoluzione francese, questo rapporto si incrina e dà luogo a un conflitto inedito nella letteratura. Il rapporto problematico con il padre riflette la possibilità dell’individuo di prendere le distanze dalle catene imposte dalle generazioni precedenti. Tuttavia, come nel caso di questo romanzo, non sempre il figlio è in grado di sostituire i valori paterni con qualcosa di nuovo, ma sempre più spesso si rende conto della propria inettitudine e mediocrità. L’assenza di una famiglia equivale all’impossibilità di rispondere a un preciso sistema di regole e questo contribuisce a dar vita nel soggetto a una forte instabilità interiore. La perturbazione del rapporto con la figura paterna contribuisce allo smarrimento del soggetto fino alla nevrosi, dal momento che, utilizzando un termine freudiano, la lotta edipica viene annullata e di conseguenza viene meno la base fondamentale per la costruzione dell’individuo. L’assenza dell’istanza paterna è, dunque, un indebolimento e non una spinta.

Sa famille croyait qu’il avait des idées subversives. Mais il n’avait pas d’idées, il en manquait atrocement: son esprit, c’était une pauvre carcasse récurée par les vautours qui planent sur les grandes villes creuses.”5

Alain inizia una rivoluzione, ma non riesce a portarla a compimento. L’abbandono dell’ambiente familiare non innesca in lui un meccanismo che lo porti a partorire nuove idee sovversive, ma il solo risultato è la scoperta della totale vuotezza interiore. Ecco che l’unica soluzione sembra essere la droga.

L’incapacità di creare nuove categorie sociali ha come principale conseguenza l’impossibilità di formare una famiglia nuova, quindi il totale rifiuto del matrimonio. Alain ha alle spalle un matrimonio fallito con Dorothy, l’ex moglie che non è stato in grado di trattenere. Il rapporto con le donne è un tentativo di fuga dalla disperata vacuità della sua esistenza, ma i risultati sono fallimentari. Alain si fa mantenere dalle proprie amanti, con le quali non è in grado di instaurare un vero e proprio rapporto di amore e anche quando Lydia gli chiede di sposarla egli rimane perplesso:

“Il était encore émerveillé qu’une femme voulût bien l’épouser. Pendant des années, mettre la main sur une femme avait été son rêve; c’etait l’argent, l’abri, la fin de toutes les difficultés devant lesquelles il frissonnait. Il avait eu Dorothy, mais elle n’avait pas assez d’argent, et il n’avait pas su la gerder. Saurait-il garder celle-ci? La tenait-il seulement?”6

Alain è consapevole di avere fascino e di essere ammirato dalle donne, tuttavia percepisce il profondo distacco che lo separa dall’universo femminile. Questo atteggiamento è un altro aspetto del suo modo disincantato di osservare la realtà. Neanche l’ex moglie Dorothy è stata in grado di riempire il vuoto interiore di Alain, ella è arrivata troppo tardi, quando l’abisso che tormentava l’uomo era ormai incolmabile:

Il avait rencontré trop tard Dorothy. C’etait la femme jolie, bonne et riche dont toutes ses faiblesses avaient besoin; mais déjà ces faiblesses étaient consommées. Il avait trop attendu.”7

Il rapporto con le donne è strettamente connesso con il denaro. Alain non è povero, anche se il denaro che possiede non è guadagnato, ma preso in prestito, oppure regalato. Egli non ha la forza di uscire da questa eterna adolescenza per entrare nella società e ottenere l’indipendenza economica. Diventare indipendente significherebbe svolgere un lavoro, quindi accettare delle convenzioni sociali nelle quali non è in grado di rispecchiarsi.

Alain, oltre a incarnare il tipo letterario dell’essere mediocre e dell’orfano che ha rotto i rapporti con i genitori, è dunque anche una célibataire, altra figura dominante in letteratura a partire dalla seconda metà dell’Ottocento in poi. Il matrimonio non rappresenta più un patto tra individuo e mondo, ma nega ogni possibile conciliazione tra le due parti. Il célibataire si pone in un atteggiamento di totale disarmonia con la società, rifiutando il matrimonio e la possibilità di avere una prole.

La rottura dei rapporti con la famiglia e l’impossibilità di crearne una nuova, percorrendo il cammino del matrimonio, sono i fattori principali che contribuiscono a delineare Alain come un personaggio che non viene da niente e non ha niente da dare a nessuno. Egli è un vero e proprio déraciné: non ha radici, perché ha abbandonato le proprie origini, ma allo stesso tempo non riesce a integrarsi in un nuovo contesto sociale.

Alain non riesce a ricavare nessun tipo di insegnamento dalla società in cui vive. Nel corso dell’ultimo giorno prima della morte egli fa visita ad alcuni amici e conoscenti, esponenti della nuova borghesia parigina, e non può fare altro che constatare l’enorme abisso che lo separa dal mondo di questi. Durante la visita all’amico Dubourg emerge il distacco tra la dimensione del protagonista e la dimensione in cui si è chiuso l’amico, studioso di egittologia. Dubourg, a differenza di Alain, è riuscito a dare una direzione alla propria esistenza rifugiandosi negli studi. Il protagonista non riesce a comprendere la scelta dell’amico:

“Dubourg était devenu égyptologue depuis peu, en même temps qu’il s’était marié. Alain avait vu, non sans ironie, se pacifier l’ancien compagnon de ses ivrogneries. Quelle défaite avait-il cherchée dans ces papyrus? Que faisait-il d’une femme et de deux filles? Qu’était-ce que cette solitude encombrée?”8

Anche l’incontro con un gruppo di ricchi amici diventa la rappresentazione del disagio morale del personaggio che non si sente riconosciuto dalla collettività. Alain non riesce a trovare alcun tipo di sbocco che contrasti la sua inquietudine. La mediocrità che lo caratterizza e l’impossibilità di inserimento in una categoria sociale lo conducono verso riflessioni di questo tipo:

Les femmes et les hommes se tiennent. Les hommes, quelles brutes! Toutes pareilles, attachées non pas à la vie mais à leurs besognes. Et quelles besognes! L’égyptologie, la religion, la littérature. Mais il y a les hommes d’argent: Brancion, Fauchard. Voilà les vrais hommes.

«Leur monde m’est fermé, décidément fermé. Et c’est là que sont les femmes.

«Contre le monde des hommes et des femmes, il n’y a rien à dire, c’est un monde des brutes. Et si je me tue, c’est parce que je ne suis pas une brute réussie. Mais le reste, la pensée, la littérature, ah! Je me tue aussi parce que j’ai été blessé de ce côté-là par un mensonge abominable. Mensonge, mensonge. Ils savent qu’aucune sincérité n’est possible et pourtant ils en parlent. Ils en parlent, les salauds.”9

Dinnanzi a un mondo in cui ogni uomo si illude di poter ricoprire un ruolo, vivendo inconsapevolmente nella menzogna, Alain si rende conto del proprio fallimento come individuo sociale. Lo studio dell’egittologia, la letteratura, l’arte sono tutte coperture che nascondono la verità, quella con la quale il protagonista del romanzo si trova faccia a faccia. Egli è consapevole che la mediocrità non può essere celata dietro una maschera, dietro una menzogna. Non trovando via di fuga, decide quindi di porre fine alla propria vita, che si è rivelata come un’esistenza vuota, evanescente, priva di qualsiasi tipo di eccellenza:

“Le suicide, c’est la ressource des hommes dont le ressort a été rongé par la rouille, la rouille du quotidien. Ils sont nés pour l’action, mais ils ont retardé l’action; alors l’action revient sur eux en retour de baton. Le suicide, c’est un acte, l’acte de ceux qui n’ont pu en accomplir d’autres.”10

Il suicidio appare ad Alain come l’unico riscatto contro la mediocrità. Egli non è mai stato in grado di compiere qualcosa di concreto nella vita di tutti i giorni e, per dimostrare che in realtà può ancora prendere una decisione riguardo il suo destino, esegue l’unica azione che gli è possibile: uccidersi. Il suicidio sembra essere l’unico modo per dare un senso a un’esistenza vacua e inetta:

“La vie n’allait pas assez vite en moi, je l’accélère. La courbe mollissait, je la rendresse. Je suis un homme. Je suis maître de ma peau, je le prouve.”11

In conclusione, è possibile comprendere come il personaggio di Alain sia strettamente connesso al periodo in cui il romanzo viene pubblicato. La mediocrità, la votazione al celibato, la rottura con la famiglia sono tutti temi che accomunano i romanzi francesi degli anni ’30. Il finale, in questo caso, è totalmente negativo perché il personaggio non trova via di fuga. Invece, in un altro romanzo dello stesso autore, Gilles, il protagonista troverà uno sbocco attraverso l’impegno nel fascismo, anche se poi si rivelerà un fallimento. Le problematiche affrontate, tuttavia, sono sempre le stesse, ciò che cambia è il modo di reagire del personaggio.

Note:

1 Pierre Drieu la Rochelle, Le feu follet (1931), Folio Gallimard, Paris, 2015, cit. pp. 16-17.

2 Ibid. p. 87.

3 Ibid. p. 35.

4 Ibid. pp. 59-60.

5 Ibid. p.113.

6 Ibid. p. 13.

7 Ibid. p. 60.

8 Ibid. p. 75.

9 Ibid. p. 158.

10 Ibid. p. 159.

11 Ibid. p. 172.

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