ISTORIE FIORENTINE
E’ nel periodo più tardo della sua produzione che Niccolò Machiavelli si dedica alla storia in sé per sé, quando egli ha ormai perduto del tutto la speranza d’azione e di trasformazione della realtà esistente.
Nacquero così una breve operetta, la VITA DI CASTRUCCIO CASTRACANI del 1520, e le ISTORIE FIORENTINE, scritte a partire dal 1580, per incarico ufficiale assegnatogli dai Medici. Furono completate e presentate solamente al papa Clemente VII nel 1525.
L’opera è in 8 LIBRI, che trattano la storia dal Medioevo al 1434 (libro I) e poi gli avvenimenti della storia di Firenze, fino alla morte di Lorenzo de’Medici nel 1492.
Le ISTORIE FIORENTINE nacquero con un vizio d’origine: quello di essere una storia ufficiale, commissionata dalla famiglia dei Medici che, per Machiavelli, era stata la causa della perdita di vigore della libertà fiorentina. Secondo il suo pensiero, proprio gli anni della sua restaurazione erano stati quelli peggiori per Firenze. Egli affida le sue critiche e il suo pensiero agli oppositori dei Medici, di cui riportava i DISCORSI, secondo l’uso dei CLASSICI LATINI.
La storiografia di Machiavelli è molto originale: essa è lontana sia dall’andamento cronachistico di quella medievale, con la sua impronta provvidenzialistica, sia dalla funzione celebrativa e squisitamente letteraria di quella umanistica.
Anche se Machiavelli non approfondisce l’esame critico delle fonti e delle testimonianze, e limita il proprio interesse ai soli grandi fatti politici e militari, ha tuttavia le qualità fondamentali dello storico: lo sguardo ampio, il saper riconoscere i nessi storici e l’inquadrare fatti singoli nello sviluppo generale.
All’autore interessa penetrare e comprendere la logica concatenazione degli eventi, scrutare nel cuore dell’UOMO, vero protagonista della storia, anche se spesso è costretto a soccombere nel drammatico urto con la fortuna.
C’è un certo SCHEMATISMO nell’interpretazione di fatti e personaggi che si vogliono inquadrare in LEGGI UNIVERSALI. Questo è il suo limite, ma anche la sua forza, ciò che dà calore all’opera.
Nei momenti di maggior tensione ideologica, troviamo uno STILE più CLASSICHEGGIANTE e COMPASSATO, che ricorda quello del PRINCIPE.
LE LETTERE
L’epistolario di Niccolò Machiavelli è forse il più vario, colorito e umano del Cinquecento, e artisticamente uno dei più belli.
Comprende 74 LETTERE FAMILIARI, dirette agli amici (numerose e interessanti sono quelle a Francesco Vettori e a Francesco Guicciardini) che, unite a quelle dei destinatari, costituiscono un dialogo fresco e vivacissimo, illuminato da una limpida intelligenza.
Gli argomenti sono i più svariati: politica teorica e pratica, scherzi, racconti di avventure amorose, sfoghi, confessioni.
C’è un tono di INTIMITA’CORDIALE, di SERENA ACCETTAZIONE DELLA REALTA’ e della vita (“noi imitiamo la natura che è varia, e chi imita quella non può essere ripreso“).
Sentiamo spesso la VIS COMICA e l’UMORISMO, che ritroviamo nella novella BELFAGOR e nella MANDRAGOLA.
STILE:
C’è il gusto per l’ESPRESSIONE PREGNANTE, PITTORESCA, INCISIVA, il BISOGNO DI CONCRETEZZA, il REALISMO di un’intelligenza alacre e desta.