Analisi del testo “I treni che vanno a Madras” di Antonio Tabucchi, a cura di Paola Alberti
I treni che vanno a Madras: il cerchio della vita si chiude
di Paola Alberti
I treni che vanno a Madras è un racconto della raccolta Piccoli equivoci senza importanza1 di Antonio Tabucchi. Si tratta della terza raccolta di racconti di Tabucchi, dopo Il gioco del rovescio e altri racconti2 e Donna di porto Pim3.
I piccoli equivoci senza importanza, o meglio, i piccoli equivoci senza rimedio del racconto che dà il titolo alla raccolta
«[…] è un piccolo equivoco senza rimedio, disse, è inutile preoccuparsi tanto. Federico lo guardò allibito con la faccia congestionata, e balbettò: un piccolo equivoco senza rimedio?! Il vecchietto non si scompose, mi scusi, disse, è stato un lapsus, volevo dire un piccolo equivoco senza importanza […]»4
sottolineano l’importanza del caso, di quel κλινάμην greco che attraversa la vita degli uomini e la sconvolge all’improvviso. Così leggiamo nel racconto Any where out of the world:
«Come vanno le cose. E cosa le guida. Un niente. A volte può cominciare con un niente, una frase perduta in questo mondo pieno di frasi e di oggetti e di volti, in una grande città come questa, con le sue piazze, e la metropolitana, e la gente che cammina frettolosa […]».5
E ancora:
«La vita non ha scadenze, non possiede un croupier che alza la mano e sentenzia che i giochi sono fatti, tutto scorre e niente sta fermo, perché evitarsi se ci siamo trovati, se il vero gioco ha voluto così;»6.
Ho avuto la fortuna di conoscere Tabucchi nel marzo del ’92, quando collaboravo al quotidiano Il Tirreno come giornalista, in occasione della presentazione di Requiem7 nella libreria Feltrinelli, a Pisa. Il romanzo era appena stato tradotto in italiano, e ho avuto anche modo di seguire le presentazioni pisane di quasi tutta la sua produzione letteraria successiva.
Proprio in occasione di una presentazione al Teatro Verdi, con il professor Remo Bodei, del suo romanzo Sostiene Pereira8 lo stesso Tabucchi parlò a lungo della «convivenza e dell’osmosi totale tra lo scrittore e il personaggio», che nasce anche dal fatto che «uno scrittore è innanzitutto un ladro delle storie altrui, di cui si nutre, ed è anche un grande ascoltatore»9. In quell’occasione Tabucchi dichiarò anche: “la storia mi serve ma per entrare nel personaggio”.
Citando le parole di Carina Boschi nel saggio Costruzione del personaggio e funzioni poetiche dell’eroismo nella narrativa di Antonio Tabucchi
«[…] se la vita è un gioco, un sogno di un’ombra […] il testo letterario può farsi in primis occasione di mettere il sogno o la veglia in prospettiva perché risalgano infine gli sfuggenti automati o ombre. Come Borges nei suoi racconti non è esattamente Borges, Antonio Tabucchi non appare nella sua narrativa pienamente quale se stesso, ma le voci a cui affida le vicende narrate ci paiono riproporre sotto forme variegate un’ interrogazione trasversale sulla fabbrica dell’opera letteraria[…]»10
E in Tabucchi il lettore è sempre coinvolto in un gioco di credibilità nel quale i personaggi hanno ovviamente un ruolo importante e ruotano intorno all’io narrante che spesso si fa a sua volta personaggio, come anche nel racconto I treni che vanno a Madras. Prima di proseguire in questa mia analisi, cercherò di ripercorrere i passaggi salienti della trama di questo racconto.
Ci sono nove sequenze narrative: la prima è una sequenza riflessiva, quando si parla di una guida che riguarda il viaggio a Madras, la seconda è descrittivo-narrativa e riguarda le prime ore trascorse sul treno dove il protagonista spiega lo scopo del suo viaggio, la terza è descrittiva e riguarda la dettagliata presentazione del compagno di viaggio del protagonista. La quarta è una sequenza dialogata, dove i due personaggi parlano dell’India, la quinta è nuovamente dialogata e riguarda il controllo dei passaporti da parte di un agente di polizia e l’inganno del compagno di viaggio. La sesta sequenza, anche se il nucleo è una narrazione, è dialogata ed è il momento in cui il compagno racconta una storia del passato al protagonista, la settima è nuovamente una sequenza dialogata ed è la fine del viaggio in treno e l’arrivo a Madras. L’ottava è una sequenza narrativo-descrittiva ed è il momento in cui il protagonista legge il giornale locale, ed infine la nona è una sequenza narrativa con la scoperta di un omicidio.
Il protagonista vuole fare un viaggio a Madras, in India, per recarsi alla Società teosofica. Usufruisce di una piccola e bizzarra guida turistica, in cui si consiglia di viaggiare in treno per poter scoprire la vera India, anziché in aereo, mezzo più comodo e veloce ma sicuramente meno adatto a questo scopo. Dopo che il protagonista si è sistemato nella sua cuccetta e ha mangiato un piccolo spuntino, ad una fermata intermedia sale in treno un uomo che ha riservato l’altro posto del suo scompartimento. Il nuovo arrivato è un europeo, parla un buon inglese con accento tedesco, è sulla sessantina ed è vestito con un completo blu
«[…] abbastanza fuori luogo visto il clima […]»11
e un cappello elegante. Dopo essersi presentato, ceneranno insieme nel vagone ristorante e il nuovo arrivato parlerà con molta sicurezza e competenza degli usi e dei costumi indiani. Anche se il protagonista del racconto sospetterà che il suo compagno di viaggio mente poiché ha spacciato per sua una frase sui treni in India che coincide con quella della sua guida turistica. Poi vanno a dormire e vengono svegliati da un controllore che accompagna un poliziotto indiano che chiede loro i documenti. Il nuovo arrivato dichiara di chiamarsi Peter Schlemihl, che in realtà è il titolo di un’opera di Chamisso. Il protagonista non obietterà nulla ma, una volta rimasti soli, mostrerà tutta la sua perplessità al compagno di scompartimento. Il sedicente Peter Schlemihl, a questo punto, racconterà di quando ancora giovane in Germania fu visitato insieme a molte altre persone in fila da un medico che sosteneva che sarebbero stati utili per il progresso della scienza tedesca. Quando arrivò il suo turno davanti alla scrivania del medico Peter fu attratto da una statuetta che riproduceva Shiva danzante, che secondo il medico rappresentava il circolo vitale
«[…] nel quale tutte le scorie devono entrare per raggiungere la forma superiore della vita che è la bellezza.»12.
Trascorsi molti anni da quei fatti Peter spiega di attraversare l’India per vedere la statua originale della dea Shiva conservata in un museo proprio a Madras.
Trascorsa la notte i due uomini faranno colazione insieme e si saluteranno all’arrivo a Madras, in perfetto orario. Peter dirà al protagonista che se vuole fargli sapere cosa ne pensa della statua della dea Shiva – che gli ha consigliato di andare a vedere – gli potrà recapitare un messaggio all’American Express. Il protagonista, dopo tre giorni di soggiorno a Madras, mentre aspetta il treno per ripartire, legge su un giornale in lingua inglese la notizia di un omicidio: un uomo, di nazionalità argentina, settantenne, a Madras dal 1958, è stato ucciso con un colpo di pistola al cuore, era un intenditore di arte dravidica. L’unico particolare curioso della notizia, che attira l’attenzione del protagonista, è la fotografia di una statuetta di Shiva danzante. Allora il protagonista deciderà di telefonare all’American Express per lasciare un messaggio al sedicente Peter ma, quando la telefonista gli dirà che non le risulta nessuna persona registrata come Schlemihl ma che può lasciare un messaggio comunque, decide di non farne di nulla.
Per l’analisi di questo racconto di Antonio Tabucchi prenderò in considerazione due categorie, il tempo e il luogo e tre topoi letterari, il viaggio, il doppio/altro da sé e l’essere/apparire. Innanzi tutto il titolo, come sempre nelle opere di Tabucchi, è particolarmente significativo. Infatti il sintagma “I treni” e non “Il treno” indirizza già il lettore verso il concetto di casualità/equivoco, che è alla base della narrativa di Tabucchi. E nella nota introduttiva dello stesso autore alla raccolta Piccoli equivoci senza importanza si legge:
«Malintesi, incertezze, comprensioni tardive, inutili rimpianti, ricordi forse ingannevoli, errori sciocchi e irrimediabili: le cose fuori luogo esercitano su di me un’attrazione irresistibile, quasi fosse una vocazione, una sorta di povera stimmate priva di sublime.».13
I piccoli equivoci del racconto omonimo:
«[…] è un piccolo equivoco senza rimedio, disse, è inutile preoccuparsi tanto.».14
In Rebus si legge:
«La vita è un appuntamento, lo so di dire una banalità, Monsieur, solo che noi non sappiamo mai il quando, il chi, il come, il dove. E allora uno pensa: se avessi detto questo invece di quello, o quello invece di questo, se mi fossi alzato tardi invece che presto, o presto invece che tardi, oggi sarei impercettibilmente differente, e forse tutto il mondo sarebbe impercettibilmente differente.».15
Nel racconto Gli incanti:
«Perché le parole sono le cose, certo certo, non c’era bisogno che me lo ripetesse, avevo capito perfettamente, erano le cose trasformate in puro suono, il loro fantasma, e bisognava fare molta attenzione con le cose di questo mondo, le cose sono suscettibili, d’accordo.».16
Così anche nella nota dell’autore al romanzo Requiem
«[…] non voglio Händel come amico, e non ascolto il mattinale degli arcangeli. Mi basta quel che la strada mi ha portato, senza messaggio, e, come ci operdiamo, si è perduto.»17
e nell’epigrafe a Notte, mare o distanza, pubblicata nel romanzo L’angelo nero
«Là, da dove le cose provengono, ritornano,
pagando l’una all’altra il castigo di essere venute
secondo l’ordine ingiusto del tempo.
ANASSIMANDRO».18
Solo uno dei tanti treni che vanno a Madras sarà quello che ospiterà il protagonista e che gli darà modo di fare un incontro fuori dell’ordinario. Il personaggio che incontrerà mostrerà tutta la sua precarietà già nel nome (Peter Schlemihl), ma anche nel fisico incerto:
«Era un europeo di una grassezza, flaccida, […]».19
Come sottolinea Carina Boschi nel suo saggio Costruzione del personaggio e funzioni poetiche dell’eroismo nella narrativa di Antonio Tabucchi:
«[…] le sue manifestazioni evolvono […] ampiamente, dalle prime marionette fragili alle Ombre misteriose ma durature, che si seguono nell’azione. […] Ogni persona può essere anche l’ombra di se stessa, sopratutto se è ricordata o sognata o immaginata, e a fortiori ogni personaggio, letterario o più generalmente fittizio non può che essere solo un’ombra.»20.
Altro elemento importante del titolo del racconto che sto analizzando è “vanno” e non “per”, perché il verbo trasmette chiaramente l’idea di un viaggio di sola andata, che non prevede un ritorno. E l’idea del viaggio è già nel titolo, come sottolinea Franco Zangrilli nel suo libro Dietro la maschera della scrittura. Antonio Tabucchi. Scrive infatti Zangrilli:
«[…] il viaggio incorpora parecchie preferenze dell’autore: la quest del sosia o dell’ombra, la trasformazione delle cose e della vita, il tempo che corre con i suoi ritmi immutabili, il cammino verso gli ideali dell’arte che distraggono dalle pene esistenziali.»21.
Infine “Madras”, questa città indiana un po’ al di fuori dei grandi circuiti turistici ci trasmette qualcosa di insolito, inusuale, al di fuori dei soliti schemi, fatto d’altra parte che riscontriamo già nelle prime frasi del racconto, quando si cita una guida turistica “un po’ eccentrica”. E in modo significativo per la fabula Madras viene anche definita dal sedicente Schlemihl la capitale dell’India dravidica:
«“Madras è la capitale dell’India dravidica,” aggiunse, “se non c’è mai stato avrà cose straordinarie da vedere.”»22.
Una serie di indizi guida verso l’inevitabile finale della vicenda narrata, che è anche un “noir” con tanto di twist (ribaltamento) finale.
A partire dalla descrizione dell’aspetto del compagno di viaggio che riporta all’eterno oscillare tra l’apparire e l’essere tipico della poetica pirandelliana:
«C’era una sorta di incompiutezza, nel suo aspetto, qualcosa di dimidiato, ma era difficile dire che cosa: pensai a qualcosa di infermo e di nascosto, come una vergogna.»23.
E’ la “crepa” pirandelliana, il terribile tarlo che rode la coscienza e la maschera della novella Quando si comprende dove il padre che ha perso il figlio in guerra improvvisamente si rende conto di quello che è realmente accaduto al di là di ogni fittizia giustificazione morale:
«… quella manona sformata davanti alla bocca, come assalito improvvisamente dal pensiero dei due denti che gli mancavano.»24.
Per continuare con il bagaglio del compagno di viaggio del protagonista che ha solo una valigetta:
«Come bagaglio aveva soltanto una valigetta ventiquattrore di cuoio nero»25,
non adatta per un viaggiatore ma sufficiente per trasportare una pistola, dalla citazione di Madras come capitale dell’India dravidica che anticipa il finale sul fatto che la vittima, un uomo assassinato a Madras, era un intenditore proprio di arte dravidica («[…] perché la vittima era un intenditore di arte dravidica e la danza di Shiva è il pezzo più noto del museo di Madras, una specie di simbolo.»26),
all’esibizione di un passaporto israeliano con false generalità («Mentre lo esaminava mi accorsi che era un passaporto israeliano. “Mister… Shi…mail?” sillabò faticosamente il poliziotto.»27), fino alla citazione nella confessione notturna di Peter al protagonista di una fila di uomini nudi in attesa di essere visitati da un medico in Germania («“Molti anni fa, in Germania, conobbi un uomo. Era un medico, e doveva visitarmi. Stava seduto dietro una scrivania e io stavo in piedi nudo davanti a lui. Dietro di me c’era una fila di altri uomini nudi che egli doveva visitare.”»28).
Una nota a parte merita la citazione di Thomas Mann (che scrisse una prefazione al Peter Schlemihl di Chamisso) da parte del compagno di viaggio del protagonista («“Lei non può avere questo nome,” dissi, “esiste un solo Peter Schlemihl, è un’invenzione di Chamisso, e lei lo sa perfettamente […] Il mio compagno di viaggio non rispose. Poi mi chiese: “Le piace Thomas Mann?“ […] “Non so se conosce una prefazione al Peter Schlemihl,” disse lui, “è un testo ammirevole.”»29).
Thomas Mann, autore non dimentichiamolo del Doctor Faustus, che pone l’attenzione inequivocabilmente sul tema del doppio dal momento che si ipotizza che il diavolo che compra l’ombra di Peter in realtà non esista ma sia la parte oscura dello stesso Schlemihl.
Il tempo è un presente instabile, insicuro per definizione, dal momento che tutto si svolge in “transito” e il viaggio è anche una fuga. In apertura di racconto Tabucchi cita una guida che consiglia il viaggio in treno per visitare l’India anziché quello in aereo. In aereo, infatti, si vive in un “tempo-non tempo” mentre come recita la guida del protagonista del racconto:
«Con i treni di lunga percorrenza vi sottoporrete al rischio di soste fuori programma e potrete anche arrivare un giorno più tardi del previsto, ma vedrete la vera India.»30.
Il tempo qui si dilata, spesso perde la sua connotazione, caratteristica d’altra parte – come sottolinea Angela Guidotti – del fantastico novecentesco a partire dal Buzzati del Deserto dei Tartari. Nel racconto di Tabucchi ha il valore di un eterno presente “precario” e le vicende sono collocate in un tempo storico indeterminato per l’assenza di marche temporali, eccetto la data del 1958, citata nell’articolo di stampa che il protagonista leggerà sulla morte di un argentino che viveva a Madras:
«La vittima era un cittadino di nazionalità argentina che viveva a Madras dal 1958.»31.
Il viaggio è “perfettamente incongruo”, come d’altronde incongrui sono i percorsi proposti dalla guida per l’India a cui fa riferimento lo stesso Tabucchi nella nota introduttiva al suo romanzo Notturno indiano, di cui questo racconto doveva essere il 4° capitolo. Oltre tutto il protagonista de I treni che Vanno a Madras, esattamente come quello di Notturno indiano, sta andando a Madras a visitare la Società Teosofica («Andare a Madras a visitare la Società Teosofica, per un agnostico, e per di più fare due giorni di treno, era un’impresa che probabilmente sarebbe piaciuta agli strambi autori della mia stramba guida di viaggio.»32).
E proprio quella “notte presente” di Maurice Blancot dell’epigrafe al romanzo Notturno indiano33 («Le persone che dormono male sembrano essere più o meno colpevoli: che cosa fanno? Rendono la notte presente») sembra dominare il racconto I treni che vanno a Madras.
E tutto accade dentro ad uno scompartimento ferroviario, un luogo ed uno spazio limitato e ristretto, dove, proprio durante la notte il sedicente Peter Schlemihl non può non raccontare la sua storia e rendere la sua pena di nuovo presente e tangibile. L’ambientazione ferroviaria nelle opere di Tabucchi è presente solamente in altri due racconti, Gatto dello Cheshire e Vagabondaggio, pubblicati nella raccolta Il gioco del rovescio34, e nel romanzo Requiem («La carrozza era deserta, forse tutto il treno era deserto, dovevo essere l’unico passeggero. […]»35).
Il Peter Schlemihl del racconto di Tabucchi incontra il protagonista/narratore in un ambiente molto più “visivo” di una stazione, che è il caso del romanzo, tra paesaggi di “montagne rosse e scabre”. Questo incontro avviene per lo più in posizione frontale, mentre mangiano nel vagone ristorante un “Tandoori di agnello” (mentre di solito il Tandoori è di pollo), un cibo nobile e sacrificale, adatto alla ritualità indiana, e solo quando sopraggiunge la notte il colloquio tra i due personaggi da formale diventa più confidenziale, con pause, silenzi e allusioni.
Il primo dei topoi letterari, il viaggio, è come leggiamo in Tabucchi e il viaggio illusione e specularità di Anna Dolfi:
«Metafora di ciò che c’è ma che potrebbe anche non esserci o essere diverso. Ecco che l’incontro del protagonista (che spesso nell’opera di Tabucchi è il narratore stesso, come probabilmente in questo racconto) con un altro simile a sé può essere un doppio ma anche il riflesso di un io diviso.»36.
Numerose sono le reiterazioni comuni tra Notturno Indiano e I treni che vanno a Madras, a partire dall’apertura del racconto e del romanzo dove si cita in ambedue i casi una guida eccentrica che fornisce consigli “perfettamente incongrui”. Nel racconto si cita nuovamente la guida a pagina 111:
«[…] “Con l’aereo si fanno viaggi comodi e rapidi, ma si salta la vera India. Certo con i treni che fanno lunghi percorsi c’è il rischio di arrivare anche con un giorno di ritardo; ma se si ha la fortuna di indovinare il treno giusto si può fare un viaggio molto confortevole e arrivare con estrema puntualità. E poi sul treno c’è sempre il piacere di una conversazione che l’aereo non permette.»37
e anche in Notturno Indiano la guida viene citata anche a metà del romanzo:
«[…] Che libri ha letto?>>.
<<Molto pochi>>, risposi, <<ora ne sto leggendo uno che si chiama A travel survival kit, mi risulta di una qualche utilità>>.».38
Come sappiamo da un incontro con gli studenti dello stesso Tabucchi, nella primavera del 1995 a Firenze, alla Facoltà di Magistero, I treni che vanno a Madras, che doveva essere il 4° capitolo di Notturno indiano, è un esempio di testo parallelo nel corpus tabucchiano. Come affermò lo stesso autore “il testo fu espunto da Notturno indiano e sostituito per ragioni di stile, tonalità e misura”.
Infatti la cifra stilistica del romanzo è un “pianissimo”, mentre nel racconto I treni che vanno a Madras c’è molta drammaticità con sfumature alla Henry James. Uno dei molteplici legami che esistono tra questi due testi è il ribaltamento della trama: in Notturno indiano, infatti, il narratore incontra un uomo, un iainista, che va a Benares per morire:
«<<Lei che cosa è?>> chiesi <<la prego di scusare la mia indiscrezione>>.
<<Sono jainista>>, disse.».39
e, subito dopo:
«<<Varanesi è Benares>>, dissi, <<è una città santa, anche lei va in pellegrinaggio?>>. Il mio compagno spense la sigaretta e tossì leggermente. <<Vado a a morire>>, disse, <<mi restano pochi giorni di vita>>.»,40
mentre, al contrario, nel racconto che sto analizzando il protagonista incontra un uomo che va a Madras per uccidere.
Il tema del doppio/altro da sé e dell’essere/apparire si fondono nel momento in cui il compagno di viaggio del protagonista si presenta nella notte al poliziotto indiano come Peter Schlemihl, che in realtà è il titolo di un noto libro del 1814 di Herbert Von Chamisso. Il gioco letterario è non solo intertestuale, ma ipertestuale, dal momento che Schlemihl non appartiene ad un singolo autore, ma ad un’intera tradizione letteraria: E.T.A. Hoffmann e Gautier (E.T.A. Hoffmann – Die abenteuer der Sylvesternacht, 1814-15, Gautier – Onuphrius, 1832 e Avatar, 1857).
Peter Schlemihl vende la sua ombra al diavolo in cambio di un sacco di monete d’oro, ma perderà in una prima fase la sua tranquillità, così come il compagno di viaggio del protagonista del racconto I treni che vanno a Madras nell’incontro con il medico nazista, probabilmente in un campo di sterminio con lui ebreo internato, perderà per sempre la sua serenità.
Il doppio come grande mito della cultura occidentale, che ci riporta a Hoffmann, Poe, Dostevskij, Maupassant e, naturalmente, Stevenson, che in Notturno indiano è insieme al tema del sosia e del riflesso speculare nel capitolo 12, si chiarisce in questo racconto solo alla fine:
«Se avessi indovinato quale era l’ombra che il signor Schlemihl aveva perduto»41.
Nel racconto, insomma, l’omicidio è un estremo rimedio ad una di-midiazione dell’io imposta dalla persecuzione nazista.
Peter dice:
«La vita è un cerchio. C’è un giorno in cui il cerchio si chiude, e noi non sappiamo quale.».42
E il medico nazista molti anni prima in Germania gli aveva detto, riferendosi alla statuetta della dea Shiva sulla sua scrivania:
«[…] “Questa statua rappresenta il circolo vitale, nel quale tutte le scorie devono entrare per raggiungere la forma superiore della vita che è la bellezza. Le auguro che nel ciclo biologico previsto dalla filosofia che concepì questa statua lei possa avere, in un’altra vita, un gradino superiore a quello che le è toccato nella sua vita attuale.”».43
La vita è un anello strano e
«[…] ci riporta ad una riflessione del matematico americano Richard Hofstadter, autore di un trattato sul teorema di Goedel che smentisce la dicotomia logica aristotelico-cartesiana per cui ogni affermazione può essere o solo falsa o solo vera, e sostiene che invece può essere contemporaneamente vera e falsa, un anello strano.».44
«C’erano solo pochi spazi aperti in quel circolo, piccoli vuoti che aspettavano di essere chiusi dall’immaginazione di chi lo guardava.».45
«Credo che essa non rappresenti affatto il circolo vitale. Rappresenta semplicemente la danza della vita.».46
«La vita è un cerchio. C’è un giorno in cui il cerchio si chiude e noi non sappiamo quale.».47
«Che per qualcuno il cerchio si era chiuso?».48
Dopo lo stacco bianco tipografico finale, il racconto si chiude significativamente con l’utilizzo del sintagma “strano caso”. Possiamo sicuramente parlare di uno dei tanti riferimenti letterari di Tabucchi, inserito a buon diritto insieme allo scrittore Michele Mari da Alberto Casadei e Marco Santagata nel Manuale di letteratura italiana contemporanea nello
«ambito del trattamento colto delle forme.».49
Infatti la chiusa del racconto è sicuramente ottocentesca e ci rimanda a Lo strano caso del dottor Jakyll e mister Hyde di Robert Louis Stevenson.
Bibliografia
Bibliografia della critica
Angela Guidotti, Aspetti del fantastico nella narrativa di Antonio Tabucchi, in «Studi novecenteschi», n. 56, dic. 1998.
Paola Alberti, Tabucchi, il suo libro in testa in Italia. La prima volta di Pereira a Pisa, in «Il Tirreno/Cronaca di Pisa», 6 febbraio 1994.
Carina Boschi, Costruzione del personaggio e funzioni poetiche dell’eroismo nella narrativa di Antonio Tabucchi, in «Chroniques Italiennes», Numéro 11 (1/2007) Série Web.
Franco Zangrilli, Dietro alla maschera della scrittura Antonio Tabucchi, Firenze, Polistampa, 2015.
Anna Dolfi, Tabucchi e il viaggio illusione e specularità. Riflessioni in margine a Notturno indiano, in «Italies», numero 1/97.
Rossana Dedola, Sulle tracce dell’occulto in La valigia delle indie e altri bagagli: racconti di viaggiatori illustri, Milano, Bruno Mondadori, 2006.
Alberto Casadei e Marco Santagata, Manuale di letteratura italiana contemporanea, Bari, Laterza, 2007.
Bibliografia dell’autore
Antonio Tabucchi, Il gioco del rovescio e altri racconti, Milano, Feltrinelli, 1988 (Il Saggiatore, 1981).
Antonio Tabucchi, Donna di porto Pim, Palermo, Sellerio, 1983.
Antonio Tabucchi, Notturno indiano, Palermo, Sellerio, 2001 (Sellerio, 1984).
Antonio Tabucchi, Piccoli equivoci senza importanza, Milano, Feltrinelli, 1985.
Antonio Tabucchi, L’angelo nero, Milano, Feltrinelli, 1991.
Antonio Tabucchi, Requiem, Milano, Feltrinelli, 1992.
Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira, Milano, Feltrinelli, 1994.
Altro
Luigi Pirandello, Novelle per un anno, a cura di Mario Costanzo, Premessa di Giovanni Macchia, I Meridiani vol. II, Milano, Arnoldo Mondadori, 1985.
Note:
1Antonio Tabucchi, Piccoli equivoci senza importanza, Milano, Feltrinelli, 1985.
2Antonio Tabucchi, Il gioco del rovescio e altri racconti, Milano, Feltrinelli, 1988 (Il Saggiatore, 1981).
3Antonio Tabucchi, Donna di porto Pim, Palermo, Sellerio, 1983.
4Antonio Tabucchi, Piccoli equivoci senza importanza, Milano, Feltrinelli, 1985, p.11.
5Ivi, p.71.
6Ivi, p. 80.
7Antonio Tabucchi, Requiem, Milano, Feltrinelli, 1992.
8Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira, Milano, Feltrinelli, 1994.
9 Paola Alberti, Tabucchi, il suo libro in testa in Italia. La prima volta di Pereira a Pisa, «Il Tirreno/Cronaca di
Pisa», 6 febbraio 1994.
10 Carina Boschi, Costruzione del personaggio e funzioni poetiche dell’eroismo nella narrativa di Antonio Tabucchi,
«Chroniques Italiennes», Numéro 11 (1/2007) Série Web.
11Antonio Tabucchi, Piccoli equivoci senza importanza, Milano, Feltrinelli, 2013, p.109.
12Ivi, p.113.
13Ivi, p. 7.
14Ivi, p.11.
15Ivi, p.30.
16Ivi, p.48.
17Antonio Tabucchi, Requiem, Milano, Feltrinelli, 1992, p. 8.
18Antonio Tabucchi, L’angelo nero, Milano, Feltrinelli, 1991.
19Ivi, p.109.
20 Carina Boschi, Costruzione del personaggio e funzioni poetiche dell’eroismo nella narrativa di Antonio Tabucchi,
«Chroniques Italiennes», Numéro 11 (1/2007) Série Web.
21Franco Zangrilli, Dietro alla maschera della scrittura Antonio Tabucchi, Firenze, Polistampa, 2015, p. 204.
22Antonio Tabucchi, Piccoli equivoci senza importanza, Milano, Feltrinelli, 2013, p. 109.
23Ivi, pp. 110, 111.
24 Luigi Pirandello, Novelle per un anno, a cura di Mario Costanzo, Premessa di Giovanni Macchia, I Meridiani vol. II, Milano, Arnoldo Mondadori, 1985, p. 126.
25Antonio Tabucchi, Piccoli equivoci senza importanza, Milano, Feltrinelli, 2013, p. 109.
26Ivi, p. 116.
27Ivi, p. 112.
28Ivi, p. 113.
29Ivi, p. 112.
30Ivi, p. 107.
31Ivi, p. 116.
32Ivi, p. 108.
33Antonio Tabucchi, Notturno indiano, Palermo, Sellerio, 2001 (Sellerio, 1984).
34Antonio Tabucchi, Il gioco del rovescio, Milano, Feltrinelli, 2012 (Feltrinelli, 1998).
35Antonio Tabucchi, Requiem, Milano, Feltrinelli, 1992, p. 83.
36 Anna Dolfi, Tabucchi e il viaggio illusione e specularità. Riflessioni in margine a Notturno indiano, «Italies»,
numero 1/97.
37Antonio Tabucchi, Piccoli equivoci senza importanza, Milano, Feltrinelli, 2013, p. 111.
38Antonio Tabucchi, Notturno indiano, Palermo, Sellerio, 2001, p. 55.
39 Ivi, p. 40.
40Ivi, p. 42.
41Antonio Tabucchi, Piccoli equivoci senza importanza, Milano, Feltrinelli, 2013, p. 117.
42Ivi, p. 114.
43Ivi, p. 113-114.
44Rossana Dedola, Sulle tracce dell’occulto in La valigia delle indie e altri bagagli: racconti di viaggiatori illustri, Milano, Bruno Mondadori, 2006.
45Antonio Tabucchi, Piccoli equivoci senza importanza, Milano, Feltrinelli, 2013, p. 113.
46Ivi, p. 114.
47Ivi, p. 114.
48Ivi, p. 117.
49 Alberto Casadei e Marco Santagata, Manuale di letteratura italiana contemporanea, Bari, Laterza, 2007, p. 431.
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